Lo ammetto, non sono un fan del foliage. Mi piace camminare nei boschi, vedere gli alberi che cambiano colore, magari fare una foto. Ecco UNA foto, perché se si scorrono i social tra ottobre e novembre ci sono milioni di foto di foliage, più o meno giallo/rosso/oro, più o meno riuscite e più o meno ritoccate. E allora quest’anno mi sono detto: basta con questo foliage! Andiamo al mare. Dici “mare” e per me, Guida con il cuore in Appennino, vuol solo dire Liguria. E a novembre, il posto più bello – come sempre, ad insindacabile giudizio della Guida- è Tellaro.
Di Tellaro amo particolarmente le stradine strette, la chiesa di San Giorgio a picco sul mare, il sentiero che lo collega a Montemarcello e che percorrendolo regala scorci di ineguagliabile bellezza. E poi mi piace la focaccia del piccolo forno in Piazzetta, da mangiare seduti su uno scoglio, con il sole in fronte e il mare davanti.
Amato non solo da me, ma tutti i grandi scrittori, viene descritto da Mario Soldati con poche parole ma che racchiudono benissimo il borgo: “C’era una volta e c’è ancora oggi, il villaggio di Tellaro. È tutto costruito sulle rocce di un promontorio che sporge sul mare, ai piedi di una grande collina ricoperta da boschi di ulivi”. (Il polpo e i pirati- M. Soldati ). Addirittura anche lo scrittore inglese David H. Lawrence, autore de “L’ amante di Lady Chatterley”, decise nel 1913 di stabilirsi nel borgo per quasi un anno. Nelle sue lettere scriveva così: “Qui è bellissimo. Siedo sugli scogli di fronte al mare per tutto il giorno e scrivo. Ti dico che è un sogno”.
Prendo spunto dal libro di Soldati per raccontare una storia, o forse una leggenda o forse un po’ l’una un po’ l’altra, che racconta di notti tempestose, di pirati e di un polpo coraggioso.
Bisogna tornare indietro nel tempo, siamo circa nel 1700 e a Tellaro si vive grazie alla pesca e alla coltivazione degli ulivi. Se si può uscire in mare, si pesca; altrimenti si coltivano gli ulivi sulla collina. L’olio viene venduto nei paesi vicini, insieme con il pesce.
La storia, quella vera che abbiamo studiato a scuola, ci racconta che Tellaro fu presa di mira dal pirata Galla D’ Avenzano, giunto da Biserta con sei galee per saccheggiare il borgo. A dire il vero, non solo Galla ma un po’ tutti i pirati, cercavano di sbarcare nei paesi della costa per metterli a ferro e fuoco e depredarli di ogni avere. Questo spiega perché in Liguria, ma più generalmente nelle zone costiere, si trovano i resti di torri saracene: torri cioè d’avvistamento, utilizzate per dare l’allarme qualora la vedetta avesse visto all’orizzonte le navi nemiche. A Tellaro, invece, non esistevano torri d’avvistamento: forse per risparmiare (siamo pur sempre in Liguria…) la popolazione aveva adibito a torre di avvistamento la torre campanaria della chiesa di san Giorgio, che è proprio a ridosso del mare.
E, se fino ad ora eravamo nella storia, adesso la storia si mischia alla leggenda, creando il mito del polpo coraggioso. Andò così: in una sera buia e tempestosa (come nelle migliori leggende), a Tellaro sta venendo giù il diluvio. Il mare è grosso, piove e tira vento, non c’è nessuno in giro perché tutti sono al calduccio delle loro case. La vedetta, che deve arrivare alla torre campanaria per prendere servizio, ci pensa un po’ e alla fine dei suoi ragionamenti ritiene che, in una notte come quella, nessun pirata avrebbe l’audacia di sfidare il mare e il vento e quindi torna in casa, anche lui al calduccio.
Ma ci sono pirati che non si fanno intimidire dal vento e dalla burrasca: al largo della costa ci sono le sei galee di Galla d’ Avenzano. Anche il comandante ci ha pensato un po’ e, da vecchio lupo di mare quale è, è giunto alla conclusione che non ci sia notte migliore per attaccare il borgo, quando sicuramente la difesa è minore. Pregustando la vittoria, il comandante pirata si avvicina veloce (per quanto possano essere veloci le galee in un mare in tempesta) quando all’ improvviso le campane della chiesa iniziano a suonare.
Gli uomini balzano giù dal letto e imbracciano le armi. I lumi cominciarono ad accendersi di casa in casa e la popolazione, allertata dalle campane, è pronta a difendersi. Il nostro pirata, giunto nei pressi della costa, vedendo tutto il paese illuminato a giorno, decide per una onorevole ritirata: l’effetto sorpresa era svanito.
Gli uomini, accorsi al piccolo porto, si abbracciano felici per il pericolo scampato e abbracciano anche la vedetta, arrivata al porto mentre le campane continuano a suonare. Un attimo…ma se la vedetta è al porto a ricevere i ringraziamenti di tutti e le campane continuano a suonare, chi le sta suonando? Attimo di silenzio unito allo sconcerto. I Tellaresi si guardarono l’uno l’altro: qualcuno pensò di essere di fronte ad una magia; la maggior parte gridò al miracolo; altri pensarono ad un coraggioso eroe locale che, pur di dare l’allarme, sia riuscito a forzare la serratura, in barba a quello scansafatiche del campanaro che, con il suo sonno, ha rischiato di mandare a morte l’intera popolazione.
Bisogna risolvere il mistero e quindi tutti decidono di andare alla torre campanaria. Lo spettacolo che si trovano di fronte è incredibile: la furia del vento aveva spinto le funi delle campane fuori dalla finestra del campanile e abbarbicato alle funi c’era un grosso polpo che continuava imperterrito a far suonare le campane. Ecco svelato il mistero: un polpo coraggioso ha sconfitto i pirati!
Tutta fantasia? Chissà.
Per concludere, una nota golosa. La leggenda del polpo ha influenzato la creazione di uno dei piatti tipici del luogo, il polpo alla tellarese. Il polpo viene fatto lessare con le patate e condito poi con l’olio locale, olive snocciolate e un trito di aglio, prezzemolo, sale e succo di limone.
#PiediStanchieCuoreFelice
Testo e foto Fabrizio Borgognoni
Novembre 2024
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