Risalgono alla fine del XII secolo le prime notizie che riportano l’ esistenza di un castello a Casio, quando il Comune di Bologna iniziò un conflitto con i signori Gislimerio da Casio e Ubertino da Stagno, appartenenti alla classe feudale che dominava la valle del Limentra di Treppio: il governo bolognese mandò Angelillo degli Orsi a capo di un forte esercito per sottomettere non solo i Signori, ma l’ intera valle che da tempo era sotto il Comune di Pistoia.
Gislimerio si chiuse entro le mura del castello e dopo sei mesi di assedio si arrese per mancanza di viveri:con questa resa, fu istituita a Castel di Casio la Podesteria, e vista la grande importanza strategica e per proteggere le strutture amministrative che si insediarono a Casio, il comune di Bologna procedette alla fortificazione, facendo costruire una grossa cinta muraria che circondò completamente il centro abitato, assieme ad una torre, collocata all’esterno delle mura. Era ornata di merli e dotata di un’entrata posta a 15 metri di altezza, a cui si accedeva dalle mura del castello attraverso una passerella in legno. I castelli rappresentavano la più efficace opera di difesa del contado: la custodia era affidata ad uno o più Capitani ed era regolata da severe regole che servivano a disciplinare l’ ordine: queste norme sono elencate negli Statuti del 1289.
Ogni porta aveva tre chiavi: una era tenuta dal Capitano, la seconda dal Podestà e la terza dal Massaro: questi tre ufficiali, di persona (non potevano essere sostituiti da incaricati) e tutti insieme avevano d’obbligo di recarsi ad aprire e chiudere le porte nelle ore stabilite; durante la notte difficilmente le porte venivano aperte. Sulle torri vigilavano giorno e notte le sentinelle pronte a segnalare tutto ciò che succedeva al di fuori delle mura. Il custode restava in servizio sei mesi e non poteva abbandonare il Castello senza aver aspettato l’arrivo del nuovo custode.
In ogni castello c’erano locali dove si custodivano le armi (spade, lance, frecce), macchine da guerra (balestre); in aggiunta a questi, c’erano locali per la conservazione dei viveri che consistevano in sacchi di grano, vino, formaggio, carni.
Si entrava nel castello da due porte:una a levante, l’altra a ponente: queste due porte erano collegate da una strada selciata.
Il periodo di maggior splendore per Casio fu durante il secolo XIII secolo fino alla metà del XV secolo: fu il centro politico, amministrativo, giudiziario e commerciale più importante dell’ Alto Appennino Bolognese, soprattutto quando Casio diventò sede dei Capitani della Montagna: il Capitano esercitava tutto il potere civile e militare e rappresentava il funzionario più autorevole del contado, presenziava alle sedute del tribunale e decideva le condanne a morte,decretate dal Capitano ed eseguite mediante impiccagione o decapitazione spesso in giorno di mercato. Il mercato a Casio era tra i più antichi che si ricordassero in montagna: nel 1335 il Podestà stabilì che il primo giorno del mese avesse luogo il mercato di merci e bestiame: l’autorità coglieva l’ occasione del grande afflusso di gente da tutta la montagna per dimostrare la severità delle leggi.
Entro le mura c’era dunque la sede e la residenza del Capitano, il presidio militare, la chiesa e le abitazioni delle famiglie più agiate.
Il comune di Bologna ridisegnò anche il sistema delle strade sul modello romano, mantenutosi fino ad oggi, e volle riproporre le stesse strutture edilizie della città, a cominciare dai portici. Casio doveva rimandare all’immagine di Bologna, sia perché doveva essere una vera e propria capitale della montagna, sia per ricordare il dominio di Bologna a cui era soggetta.
A partire dal Quattrocento, i poteri del Capitanato da Casio vennero spostati a poco a poco verso Vergato, finché, verso la metà del secolo, il Capitanato vi venne definitivamente trasferito e per Casio cominciò un lento declino.