Il fidanzamento di nonna Iolanda

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Facciamo un salto indietro nel tempo e dimentichiamoci di essere in un’ epoca molto digitale in cui, certe volte, basta in un clic per trovare la nostra anima gemella.

Siamo nel secolo scorso, in un paese lassù sugli Appennini dove vive Iolanda, una bella ragazza. Certo, la vita non è certo allegra: si lavora nei campi fin da piccoli, i più fortunati hanno gli animali da governare (e che permettono un certo benessere) e si vive (se non solo) in prevalenza con le castagne: legno di castagno per i mobili della casa e farina di castagne cucinata in tutti i modi possibili nel piatto.

Iolanda è ormai in età da marito e quindi, come è tradizione, quando arriva la primavera e con essa il canto del cuculo, bisogna stare tutt’orecchi per contare il numero dei cucù uditi: il numero dei cucù era anche il numero degli anni che mancavano al matrimonio. Ma in questa primavera, Iolanda non aspetta il  canto del cucù, ma la tanto attesa proposta di matrimonio. Durante le lunghe sere invernali, infatti, si è recato “a veglia” nella stalla dei genitori di Iolanda, un bel ragazzo di un paese vicino e più volte i loro sguardi si sono incontrati e, una volta, timidamente Iolanda gli ha anche sorriso.

Andare a veglia, durante l’ inverno, per gli abitanti del nostro paese in Appennino è una necessità: vuol dire tenere i contatti con la gente della zona nei mesi in cui non è possibile incontrarsi nei campi o nell’ aia davanti a casa. Sono soprattutto i giovanotti, in genere in compagnia degli amici fidati, che sfidano l’aria pungente e la notte per raggiungere la stalla dove la famiglia fa la veglia. Non sempre si può subito entrare al calduccio della stalla, ma bisogna attendere fuori: la famiglia ospitante sta terminando di recitare il Rosario. Il giovanotto, quindi, si accosta all’uscio, segue mentalmente le preghiere e, terminate, si gira la merletta (una linguetta di ferro che dall’ esterno permette di aprire l’ uscio) ed entra.

“ Ei dla cà!” si fa sentire il giovanotto

“Gni pu aventi!” gli rispondono

Gli uomini, al caldo della stalla, riparano o preparano gli attrezzi per il lavoro nei campi in primavera, parlano di caccia, di campi e sperano in un raccolto migliore di quello dell’anno passato; le ragazze ricamano, sferruzzano e seguono la conversazione; i giovanotti spesso giocavano a carte e i nonni raccontano storie ai nipoti, fino a quando i bambini non si addormenteranno. Il nostro giovanotto, quindi, è ormai un abitudinario della veglia nella stalla di Iolanda e, insieme ad altri giovanotti e ragazze, siede in disparte chiacchierando o tentando timidi approcci, magari approfittando della distrazione della mamma della ragazza.

Da tradizione, i giorni dedicati ai “morosi” sono il martedi e il giovedi: ovviamente era impensabile che i due ragazzi fossero lasciati soli, l’ occhio vigile della mamma e di tutta la famiglia sconsigliava qualsiasi azione ritenuta audace!

Passato un po’ di tempo, il nostro giovanotto ormai sicuro dei suoi sentimenti e debitamente informato sulle condizioni morali di Iolanda, deciderà di informare il padrino che è giunta ora di fare la tanto attesa proposta di matrimonio…ma al padre della sposa, non a Iolanda!

Sarà infatti il padre della sposa a ricevere la richiesta di matrimonio e si riserverà di dare una risposta. Ma il giovanotto è un giovanotto serio, ha due vacche, sei pecore, una capra, un  mulo, nove galline e prati e campi, senza contare che anche Iolanda si è dimostrata contenta della proposta…e allora si può annunciare il fidanzamento e l’anno prossimo nel periodo di Carnevale sarà festa grande in paese: Iolanda e Gino sposi!

 Foto D. Margelli- Archivio L. Riccioni