Fanano

Il quarto rifugio al Lago Scaffaiolo (1925)

La Prima Guerra Mondiale è finita, i collegamenti automobilistici collettivi ma soprattutto individuali stanno crescendo, l’ Appennino aumenta la clientela fatta di turisti e villeggianti; in inverno lo sci si sta diffondendo in maniera esponenziale e la sezione CAI di Bologna non ha abbandonato l’idea  di una casetta in riva al lago.

L’occasione per decidere di costruire ex novo il Rifugio, più grande, più confortevole, ma sempre in prossimità del Lago Scaffaiolo, è data dal Cinquantenario della Sezione (1875-1925): l’occasione giustifica la richiesta di un contributo straordinario ad enti cittadini e privati che non viene rifiutato. Nelle intenzioni, il Rifugio deve resistere alle intemperie dell’alta montagna ma deve anche avere caratteristiche moderne, che pur non essendo un Albergo, dovrà essere adatto al turismo estivo ed invernale.

Il costo preventivato per la costruzione è di 60.000 lire, e questi fondi vengono reperiti in poco tempo,tanto che il nuovo Rifugio può essere inaugurato il 26 giugno 1926, presenti un migliaio di alpinisti, arrivati dalla Toscana e dall’ Emilia.

L’inaugurazione è anche l’occasione per scoprire due lapidi: la prima dedicata ai caduti dei CAI e della SUCAI, che hanno sacrificato la vita in guerra; e la seconda lapide dedicata al Professor Gualtiero Zanetti,educatore  e maestro.

E veniamo al Rifugio, progettato dall’Ing. Donzelli, grande metri 8,60×12 con tetto in cemento armato con protezione in catrame.Al piano terra c’è l’ingresso e due locali, uno dei quali sempre aperto a disposizione del pubblico; al piano superiore ci sono quattro ambienti: una sala da ritrovo, la sala da pranzo, guardaroba e ripostiglio. Al piano ancora superiore ci sono 3 ambienti con cuccette per ospitare dieci persone ed una camera con quattro brande: a pieno regime, si possono ospitare ben 34 persone!

Il CAI, sempre in occasione delle celebrazioni per il Cinquantesimo,  stampa anche un opuscolo commemorativo e da questo veniamo a conoscenza che il Rifugio costò bel oltre le 60.000 lire: si legge che il costo fu di ben 128.951,50 lire (ma probabilmente in questa cifra è compresa anche la manutenzione dell’edificio per i primi cinque anni), recuperati dalla sottoscrizione tra i soci, dal Consiglio di Bologna della SUCAI,dal  Ministero dell’ Interno, dal Comune e dalla Provincia di Bologna e anche dal Comune di Porretta Terme.

A differenza dei precedenti, il quarto Rifugio ha un’esistenza di ben diciotto anni: questo grazie alla costruzione fatta da persone di mestiere, ma soprattutto grazie alla custodia continua prima di Raffaele Pasquali e poi di Alberto Gentilini (una sorta di rifugisti ante litteram). I visitatori aumentano di anno in anno, soprattutto da quando è stata aperta la Strada Carrozzabile Vidiciatico-Madonna dell’ Acero (nel 1933) e poi prolungata fino al Cavone: adesso per arrivare da Bologna al Lago Scaffaiolo servono poco più di tre ore e non più i due giorni che occorsero a chi ha partecipato all’ inaugurazione del primo Rifugio!

Ma poi, ancora una volta, succede qualcosa che sconvolge la vita di tutti: la Seconda Guerra Mondiale e lo sbando successivo.

La via dei crinale serve agli ex prigionieri per arrivare a Livorno e il Rifugio diviene il loro punto d’appoggio. Ma non sarà solo predato dai fuggitivi: il Comando delle SS di stanza all’ Abetone, venuto a conoscenza del Rifugio lo deprederà di materassi ed utensili, tanto che il 16 novembre 1943, il presidente della Sezione informa la Reggenza CAI che il 03 novembre il Rifugio è stato dato alle fiamme ad opera di militari germanici e il custode, Alberto Gentilini di Porretta, è stato trattenuto al Comando Tedesco dell’ Abetone. Nel rifugio non è stato salvato nulla, se non i muri. Il buon Gentilini se la caverà per miracolo, e i resti del Rifugio preda da sciacalli.

E oggi? Il Rifugio Duca degli Abruzzi oggi è un bel Rifugio sempre con vista lago, utilizzato in tutte le stagioni da turisti, escursionisti. Gestito da Antonio Tabanelli, meta, oggi come allora, di tanti escursionisti attratti dal crinale, dalla vista e..dalla cucina montanara del rifugio!

 

Testo Fabrizio Borgognoni

Foto La Musola nro 8-Fabrizio Borgognoni

 

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Il terzo rifugio al Lago Scaffaiolo (1911)

E così, siamo ormai nel 1905, anche il secondo rifugio al Lago Scaffaiolo sta lentamente crollando, ha subito ruberie e saccheggi.

Il mondo però nel 1905 è assai cambiato rispetto al mondo che aveva visto, nel 1878, la nascita del primo rifugio presso il Lago: gli escursionisti si muovono ancora per la maggioranza in treno, anche se iniziano a farsi vedere le prime traballanti auto-corriere sulla tratta Pracchia-Pievepelago (assolutamente sconsigliate ai deboli di stomaco, quei tornanti dell’ Abetone!), ma soprattutto nei primi anni del secolo è stata aperta la grande strada dell’ Alto Crinale, la Porretta- Lizzano-Fanano-Sestola-Pievepelago a collegare la strada Porrettana alla Via Giardini. Diventa quindi più facile raggiungere il Lago da Vidiciatico, che insieme con Lizzano, sta diventano mèta turistica ricercata e alla moda. I Bolognesi, ma non solo, iniziano così a scoprire la montagna, che diventa luogo non solo per pochi “esaltati” che andavano in cima ad un monte, ma diventa un luogo di turismo, diremmo oggi, “di massa”.
E’ in questo nuovo clima di fermento, che gli alpinisti bolognesi tornano ad interessarsi al Lago Scaffaiolo, e soprattutto al rifugio, decidendo non di costruire un nuovo rifugio ma di ricostruire in maniera radicale quello già esistente.
La decisione fu presa dall’ Assemblea dei Soci del 02 febbraio 1911, stanziando una congrua cifra in bilancio e sottoscrivendo un contributo individuale di 10 lire per socio.
Incaricato dei lavori fu il socio CAI Ettore Bortolotti, stimato professore all’Università di Modena, che nei mesi estivi soggiornava a Lizzano Pistoiese, il paese più vicino al Lago, e che quindi avrebbe potuto sorvegliare meglio i lavori. Nell’assemblea si decise, inoltre, di completare e restaurare il fabbricato esistente, di sorvegliarlo per impedire la distruzione da parte degli elementi naturali e degli uomini.
Le opere furono molte, a partire dai muri: il Rifugio aveva muri costruiti a secco ma ripieni di materiale friabile e poroso che a diretto contatto con il terreno faceva filtrare umidità che si spandeva per tutto l’edificio; addirittura la mal regolata pendenza del suolo faceva sì che le acque piovane erano scolate entro la porta del rifugio. Si dovette quindi isolare il rifugio regolando il displuvio delle acque. Lungo il fianco si costruì un robusto muro a secco, stuccato a calce; davanti alla facciata si mise un piastronato per far sì che lo spiazzo resti asciutto e pulito.
Tutti i muri che presentavano lesioni furono demoliti e rifatti: si stuccò ogni fessura delle pareti.
Il dormitorio posto al piano superiore presentava un pavimento ancora in discrete condizioni ma fu comunque accuratamente ristrutturato chiudendo le fessure con cemento; mentre il pavimento del piano inferiore fu completamente rifatto. Il pavimento della cucina fu reso impermeabile grazie ad un vespaio profondo 25 cm a cui si sovrapposto uno strato di 5 cm di cemento misto a ghiaia e sopra un’ulteriore rifinitura sempre in cemento. Questo faceva sì che il rifugio fosse sano ed asciutto in qualsiasi stagione.
Ristrutturato l’ interno, bisognava pensare anche all’ esterno. Nel precedente rifugio, entrambi gli ingressi erano rivolti a nord e questo faceva sì che le nevicate ostruissero le entrate, poiché la neve era portata contro la porta formando una vera e propria “trincea” ancora alta anche a maggio. Così di fatto, in inverno il rifugio diventava inservibile anche a chi ne avrebbe avuto bisogno; ma nelle altre stagioni era preda di vandali, questo perchè sia la porta che le imposte erano apribili dall’esterno.
Il rifugio precedente, inoltre, non era custodito: nessuno si era preso cura di sorvegliare l’edificio, non il CAI di Firenze, non il Comune di Cutigliano. Non può stupire quindi, se ancora prima di essere terminato, il secondo rifugio era già stato devastato e bruciato ed asportate le imposte e le poche suppellettili presenti all’ interno. Per evitare un simile scempio, nel terzo rifugio fu eliminata un’entrata, chiusa con un muro a calce. Dall’unica entrata rimasta si accedeva ad una stanza ad uso del pubblico e si accedeva alla cucina tramite una porta anche essa foderata in lamiera, munita di serratura e due catenacci oltre che da una grossa spranga di ferro che da un capo si fissava ad un occhiello fisso al pavimento: la grande novità era che la spranga si poteva togliere solo dall’ interno.
La cucina comunicava con il piano superiore tramite una scala mobile ed una botola, chiusa dal di sopra con una robusta spranga di ferro: in questo modo,chiuse le due porte,ritirata la scala e chiusa la botola nessuno poteva entrare nel rifugio se non dalla finestra del piano superiore,anch’essa però dotata di robusta (almeno per l’epoca) inferriata.
Rispetto ai rifugi precedenti, il terzo rifugio è dotato anche di un certo arredamento:una stufa, un tavolo, due panche e sei sgabelli, oltre a un paiolo, una padella,stoviglie, piatti e posate ed una intera batteria da cucina in ferro smaltato. Nel dormitorio c’è un tavolaccio con su quattro pagliericci e 12 panni in lana per poter così ospitare sei persone. Nella cameretta presso la cantina c’è la possibilità di mettere una branda, nel caso in cui una Signora (siamo pur sempre agli inizi del Novecento) volesse pernottare al Rifugio.
I lavori iniziarono il 4 agosto e furono collaudati il 3 settembre; il rifugio fu inaugurato il 17 settembre 1911:non vi fu una vera cerimonia, intervennero solo un centinaio di soci della Sezione di Bologna, una comitiva di soci da Firenze, un rappresentante del Comune di Bologna e molti valligiani.

Inizia quindi la terza vita del Rifugio, e i primi anni tutto fila liscio, con il Rifugio perfettamente efficiente.
Ma poi succede qualcosa che sconvolge le rive del lago: gli alpinisti bolognesi, i montanari, partono per luoghi lontani e molti non torneranno: è la Prima Guerra Mondiale.
Il Rifugio è quindi dinuovo abbandonato:le suppellettili, i materassi, sono cose appetibili; il resto lo fa il gelo e la tormenta dell’ inverno: nel 1922 il terzo Rifugio è solo un mucchio di rovine pericolanti. Ma nel 1925….

-Fine terza parte-

Testo Fabrizio Borgognoni

La cronaca di una gita d’altri tempi: Il Resto del Carlino “Una gita al Lago Scaffaiolo”-1912
E una gita alla conquista del Corno alle Scale nel 1910: Nuter nro 2-1990- a cura di Francesco Berti Arnoaldi Veli

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Storia e fole al Lago Scaffaiolo

Il Lago Scaffaiolo ha sempre affascinato, ma soprattutto ha sempre attirato la curiosità di chiunque ne senta parlare, forse per il fatto di trovarsi in un ambiente così diverso da quello a cui siamo abituati quando parliamo di lago. Un lago che, privo di pesci e di vegetazione intorno, ha incuriosito i naturalisti; vista l’altitudine a cui si trova e in quel clima così inospitale ha scatenato fantasia e mito delle popolazioni montanare.

Il lago, contrariamente ad un’opinione diffusa, è completamente in territorio modenese perchè il confine con la provincia di Bologna è al Passo dei Tre Termini che segna appunto il confine tra le province di Modena, Bologna e Pistoia: passo conosciutissimo nell’ antichità perchè di qui passava una delle più antiche strade che collegava Pistoia con Modena attraverso Ospitale e Fanano. Questa strada è stata determinante affinchè anche il Lago fosse conosciuto: una delle prime relazioni su questo lago è datata 1398 ad opera del Boccaccio che ne parla nel “De montibus, silvis, fontibus et fluminibus”. Boccaccio non è mai stato qui, ma riporta solo credenze popolari-il lago come artefice di cambiamenti del tempo, dal sole alla bufera in pochi attimi- spacciate per osservazioni scientifiche; ma d’altronde come avrebbe fatto a venire fino quassù? Per noi è facile arrivare al Lago Scaffaiolo, con scarponcini di goretex e zaino anatomico, vestiti con tessuti tecnici. Ma provate a pensare a quando tutto questo non c’era: i vestiti di fustagno o di feltro, come pure le scarpe, mantelli per ripararsi dalla pioggia e dal vento. Per arrivare al Lago a noi escursionisti moderni bastano quaranta minuti partendo dal Cavone (dove siamo arrivati in macchina); per i nostri montanari del tempo che fu, bisognava partire da Bologna almeno 2 giorni prima, percorrendo tutta la valle del Reno a piedi ( o a dorso di mulo, se si è ricchi), fermandosi a dormire alla Carbona la prima notte e la seconda notte all’ ospitale di Corvella ( fraz di Alto Reno Terme) dopo aver camminato tutto il giorno. Credetemi: il terzo giorno, in quelle condizioni, tutti noi saremo propensi a credere a presenze misteriose, a castighi della Natura, a fenomeni paranormali.

Il Lago Scaffaiolo diviene così il protagonista di storie, di fole, sempre nuove che si aggiungono alle vecchie, tramandate di voce in voce: due in modo particolare sono quelle più conosciute. La prima fola vuole che il lago non sia misurabile perchè di profondità abissale, collegato con un canale sotterraneo direttamente al mare; la seconda fola suggerisce di non lanciare sassi nel Lago perchè questo gesto avrebbe disturbato gli spiriti maligni che abitano le profondità del Lago dando vita a tempeste, fitte nebbie e grandi boati a riempire l’aria nonché alla fuoriuscita delle acque dal Lago. La frana del gennaio 1814 che distrusse completamente Lizzano Pistoiese si dice sia stata causata dagli spiriti del Lago Scaffaiolo,  inopportunamente disturbati dall’uomo. O forse, la frana fu causata dalle continue piogge che si abbatteremo sul paese da maggio a dicembre 1813. Scegliete voi la versione che vi piace di più.

Dobbiamo aspettare il 1789, quando il professor Spallanzani osservò scientificamente il Lago e mise fine a queste credenze: scandagliò i fondali e determinò che la profondità massima non raggiungeva i due metri e mezzo. Anche la seconda leggenda venne smentita grazie a numerosi lanci di sassi nel Lago. E se siete curiosi, vi dico che il cambiamento del tempo è dovuto agli scontri di correnti frequenti sul crinale.

L’escursionista che arriva oggi al lago si chiede, però, da dove arriva l’acqua del Lago visto che non ci sono immissari apparenti: una fola fantasiosa spiega che l’acqua arriva dalla cima del Corno. Direi che l’ipotesi è da scartare: il Corno è troppo lontano e separato dal Lago da depressioni di crinale. Gli studiosi sono arrivati alla conclusione che il lago venga alimentato solo dal modesto bacino imbrifero che in esso scola e che, data l’impermeabilità del terreno, viene convogliata nel Lago dove si conserva tutto l’anno.

E per quanto riguarda il nome, Scaffaiolo deriva da “caffa” o “scaffa”, termine con cui i montanari indicano un avvallamento o una conca ed è rimasto immutato da secoli.

Testo e foto Fabrizio Borgognoni

Consigli di lettura:

A. Vianelli: Leggende Bolognesi-Ed. Labanti&Nanni

L. Spallanzani: Viaggio nell’ Appennino Modenese e Reggiano-a cura di Pericle di Pietro

G. Tigri: Guida della Montagna Pistoiese (anno 1868)

G. Bortolotti: Guida del Lago Scaffaiolo e dell’alto crinale dall’Oppio all’ Abetone (anno 1950)

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Il secondo rifugio al Lago Scaffaiolo (1901)

Il primo rifugio costruito (1878) al Lago Scaffaiolo, nonostante l’inaugurazione solenne e il concorso di tanta gente, nel 1881 è già in rovina: vandalismi e distruzioni ne segnano ben presto la fine.

Dopo un’escursione al Lago nel 1899, il signor Oreste Mazzoni-socio CAI- scrive una lettera diretta al Presidente di sezione lamentando che un rifugio, sopratutto in considerazione della giornata di brutto tempo incontrata, sarebbe oltremodo importante. Nella lettera il Mazzoni esprime la sua volontà, o meglio il desiderio, di ricostruire quel rifugio, ma ricostruito in modo che né le intemperie né gli atti vandalici possano farne scempio.

C’è però un problema che ferma la buona volontà del Mazzoni: la spesa dei materiali e della manodopera stimata in 1200 lire. Non scoraggiandosi, Oreste Mazzoni scrive a varie sezioni CAI, per spiegare la sua idea e chiedendo un aiuto economico.  Alla fine, il costo totale sarà di 2.317,57 lire di cui 2.060,60 raccolte dalle sezioni CAI, dagli enti e dalle offerte private tra villeggianti: al povero Mazzoni toccò anche ripianare il “buco” di 256,97 lire!

Già nell’ estate del 1901, il rifugio è pressochè pronto con l’ inaugurazione prevista per il 20 settembre : è costruito in pietra e calce con soffitti a volta, senza l’utilizzo di legname affinchè “possa sfidare le ire degli elementi celesti ed umani che fecero scempio della vecchia capanna”.

Ma verrà inaugurato solo un anno più tardi, il 23 agosto 1902: con una lettera datata 18 settembre 1901, infatti, si segnala che vista “l’insistenza del brutto tempo che, oltre ad aver impedito il compimento della costruzione del rifugio al Lago Scaffaiolo, sconsiglia ora una gita al lago stesso,l’ inaugurazione del ricovero viene rimandata al principio dell’ estate dell’anno venturo in giorno da determinarsi”. Nonostante il tempo non proprio clemente, il giorno dell’ inaugurazione si trovano sulle sponde del lago circa 500 persone: autorità arrivate da Cutigliano, valligiani, pastori e anche villeggianti arrivati addirittura da Pracchia e dall’ Abetone.

Non manca neanche la banda, sempre da Cutigliano, per intrattenere allegramente gli invitati e alle 10, come in tutte le inaugurazioni che si rispettino, una bottiglia di “champagne” viene infranta contro la parete del rifugio tra applausi ed evviva. Il tempo diventa sempre più inclemente, tanto che, terminato il banchetto, gli invitati scendono direttamente a valle invece che continuare (come era stato previsto) la giornata con altre escursioni nella zona.

Il rifugio viene intitolato al principe Luigi di Savoia, Duca degli Abruzzi; ha il corpo principale di metri 8X4,20 (misure esterne) ed è alto 6 metri. Come detto non ha travi in legno,materiale poco adatto ad ospiti poco scrupolosi. Il tetto era sostenuto da volte in pietra, con muri massicci per reggere la spinta.

Nel corpo principale erano stati ricavati due piani collegati da una scaletta in legno fissa alla parete. Al piano inferiore c’era l’ingresso, che serviva anche da cucina, il dormitorio per le guide (e i mulattieri) e la dispensa. Nella parte superiore, invece, c’era il dormitorio per le comitive. L’arredamento era composto da pochi pezzi: una tavola, tre panche mobili, posate e stoviglie.

Nonostante i buoni auspici, anche il secondo rifugio avrà vita breve e tribolata: nel 1905 è ormai in rovina, pare anche questa volta  vittima dei vandalismi dei pastori e anche dei villeggianti, le finestre e la porta sono state scassinate: le intemperie, soprattutto a queste altezze, hanno vita facile a rovinare.

Il rifugio sta inesorabilmente crollando, quando la sezione CAI di Bologna…

-Fine seconda parte-

Testo Fabrizio Borgognoni

 

Foto tratte da:

La Musola (foto a sinistra)

Le altre foto sono di Fabrizio Borgognoni

 

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Il primo rifugio al Lago Scaffaiolo (1878)

Impossibile non conoscere il Lago Scaffaiolo e il suo celebre rifugio, meta in tutte le stagioni di escursionisti o semplici gitanti alla ricerca della bellezza del nostro crinale. Ma di rifugi al Lago Scaffaiolo ne sono stati costruiti addirittura quattro con fortuna e vicende alterne: questo racconto è dedicato al primo Rifugio, quando agli albori dell’escursionismo si decise di costruire un ricovero sulle sponde del Lago.

Si deve alla sezione CAI di Firenze, diretta da R.H. Budden, la costruzione di un modesto ricovero al Lago Scaffaiolo: ricovero che fu il primo rifugio dell’ Appennino Tosco-emiliano e venne inaugurato nel 1878, quando l’ Italia è ormai unita da diciotto anni e il crinale non separa più tre stati diversi,come dimostrano ancora i cippi confinari che si possono trovare sul crinale.Costo’ ben 800 lire, a cui contribuirono le sezioni CAI di Firenze e Bologna (100 lire cadauno), la Sede Centrale dello stesso CAI (50 lire) e la sezione CAI di Auronzo (20 lire); le restanti 530 lire furono raccolte tra gli alpinisti fiorentini per pubblica sottoscrizione, promossa dal conte Tommaso Digny. Era ,come detto, un rifugio modesto sorto a pochi passi dal lago, ma turbava pochissimo l’ambiente poiché costruito in pietra locale.Aveva un unico stanzone, con annesso uno stanzino più piccolo utilizzato come deposito di legna e viveri, e misurava 10×2,50 metri ed era alto 2,50 metri.

Fu inaugurato, appunto, il 30 giugno 1878, con grande concorso di folla, alpinisti-nel 1878 salire sul monte era considerata un’ascensione-, villeggianti ed autorità: oltre 300 persone si ritrovarono sulle sponde del Lago.

Il racconto dell’inaugurazione viene pubblicato in due puntate sul giornale “La Vedetta-Gazzetta del Popolo” di Firenze, in data 3 e 4 luglio e firmato da un cronista con lo pseudonimo di Fra Fazio.Il racconto è, ovviamente, entusiastico: “ L’alpinista troverà su quell’alta vetta un tetto che lo proteggerà dall’ impeto dei venti, dalle bufere della neve, dal diluvio dell’acqua, dal rigore del freddo; troverà modo di accendere un buon fuoco per far ritornare vigore alle membra intorpidite, e di riposarsi dalla stanchezza di una gita faticosa”.Bisogna considerare cosa aveva voluto dire partecipare all’ inaugurazione: la sezione fiorentina del CAI era partita il giorno prima, 29 giugno, ed era scesa alla stazione di Pracchia. Da Pracchia, in carrozza, erano giunti a San Marcello Pistoiese presso l’Albergo della Posta. Arrivati a San Marcello, vengono accolti dalla banda musicale e subito il sindaco imbastisce un discorso celebrando il primo rifugio sorto in Toscana. Sì, perchè era convinzione (all’ epoca e di tutti) che il Lago Scaffaiolo fosse toscano, in territorio pistoiese; la folla si raduna sulla piazza principale e, ascoltato il sindaco, si gode lo spettacolo dei fuochi artificiali. Ritirati gli ospiti nelle loro camere, gli stessi saranno svegliati la mattina dopo alle 2 grazie alle trombe della banda che, sotto le finestre dell’ Albergo della Posta suonano la sveglia. Dopo prima delle 3, la comitiva quindi lascia San Marcello Pistoiese ed inizia la lunga e faticosa ascensione, fino a vedere lo spettacolo, così scrive Fra Fazio, “ della linea imponente delle montagne che chiudono le antiche provincie toscane”. La lunga camminata inizia a farsi sentire: il passo diventa meno veloce, il sudore inizia a scendere, le fiaschette che contengono caffè,vino,acqua, cognac vengono svuotate.L’ascensione è condotta da una Guida- nel 1878 era impensabile non avere una Guida a capo del gruppo- e ad essa si rivolgono i meno esperti :”C’è ancora molto per arrivare al Lago?”.E poi, finalmente, si arriva al Lago, affollato di alpinisti e di abitanti  dei paesi vicini vestiti con i loro abiti ricercati, e troviamo anche qualche dama intrepida che da Cutigliano è arrivata fino quassù.Ci sono tre bande musicali: la banda di Cutigliano, quella di Fanano, ed una fanfara costituita apposta per l’occasione che arriva da San Marcello Pistoiese. Troviamo anche somari sellati che hanno portato in cima gli alpinisti più comodi e di poca gamba, autorità che a vario titolo riempiono la giornata con discorsi solenni in attesa di rifocillarsi nella  trattoria economica allestita nel rifugio.Terminati i discorsi e a pancia piena, si scende verso valle, questa volta in direzione di Cutigliano: così Fra Fazio racconta la strada “si chiama strada tanto per fare, giacchè non è altro che un viottolo tortuoso, ripido,ingrombo di massi, che segue talvolta il corso dei torrenti, è oltremodo pittoresca; ci sono delle situazioni,dei panorami di montagna e di vallate che non hanno riscontro altro che nella Svizzera, il paese pittoresco per eccellenza”.Ma il rifugio non avrà fortuna: subirà vandalismi, addirittura il forzamento della porta-chiusa a chiave ma apribile con una vigorosa spallata- e i mobili bruciati: tanto che la sezione di Firenze decide di lasciare il rifugio sempre aperto.Nel 1881, soggetto alle intemperie ed incustodito, il Rifugio è già in rovina; a causa, pare, della distruzione operata dai pastori che lì conducono i loro greggi.

Ma si avvicina il momento della prima ricostruzione….

 -Fine prima parte-

 Testo Fabrizio Borgognoni

 Per il racconto completo di Fra Fazio: La Vedetta-Gazzetta del Popolo 3 e 4 luglio 1878.

Per una spassosa descrizione di una gita allo Scaffaiolo:Ugo Arnoaldi Veli “Una notte a Scaffaiolo”- Bollettino CAI nro 36-1878



Il primo rifugio al Lago Scaffaiolo (1878) Leggi tutto »