Consigli della Viottola escursioni

Aiuto! Ho incontrato un cinghiale

Tornati alla ribalta di giornali e tv nella primavera 2022 per le loro scorribande in città, i cinghiali sembrano essere animali facilmente incontrabili durante le nostre uscite anche grazie ad un numero sempre maggiore.

Innanzitutto, il cinghiale è un mammifero e fa parte della stessa famiglia dei maiali. Dopo che la razza autoctona si era quasi estinta, il cinghiale è stato re-introdotto (per scopi venatori) a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso. E’ stata introdotta una razza dell’ Est Europa, più grande e più prolifica che si è adattata e si riproduce con estrema velocità.

Un cinghiale adulto può raggiungere i 90-180 cm di lunghezza (con altri 30-40 cm di coda) ed un’altezza di 55-110 cm. Può arrivare a pesare 350 kg. La vita media del cinghiale è di circa 20 anni e inizia a riprodursi già a 10 mesi. Il corpo è robusto, con pelliccia ispida fatta da setole dure di colore grigio-marrone, le zanne sono molto taglienti. Le zampe sono corte ma molto muscolose e riesce a correre anche su terreni impervi.

Ma dove abbiamo la maggior possibilità di incontrare un cinghiale durante le nostre uscite?

Diciamo subito che è possibile incontrare un cinghiale nei boschi di querce e faggi, perché l’animale è goloso di ghiande; ama i luoghi dove è presente l’acqua: gli piace sguazzare e bagnarsi per abbassare la temperatura corporea e rinfrescarsi, per bere e per allontanare gli insetti. Facilmente riconoscibili i segni che lascia sul terreno: le grufolate, ovvero solchi fatti con il muso sul terreno. Quindi se mentre camminiamo le notiamo, vuol dire che l’animale è passato di lì o, nel peggiore dei casi, è ancora nei paraggi.

E oltre a vedere, è importante sentire: il cinghiale si muove in branco ed è rumoroso, preferisce muoversi all’ imbrunire o di notte.

Se riteniamo possibile l’incontro, molto possiamo fare prima di restare a tu per tu con l’animale. Consiglio ovvio, forse, ma sempre valido: fare rumore. Basta battere i bastoncini sulle pietre o sugli alberi di tanto in tanto. I cinghiali hanno molta paura di noi, più di quanta ne abbiamo noi di loro.

Ma se, nonostante questi accorgimenti, troviamo un cinghiale difronte a noi?

Iniziamo subito con dire cosa è meglio non fare: mettersi a correre, cercando di scappare, magari urlando. Da evitare per due motivi: il movimento brusco e nervoso potrebbe essere male interpretato dall’ animale e spingerlo ad attaccare e, secondo motivo ma molto importante, il cinghiale può correre fino a raggiungere i 55 km/ora…quindi direi che puntare sulla nostra velocità di fuga non è consigliato!

E adesso, vediamo cosa invece è meglio fare: scontato anche questo, ma bisogna mantenere la calma. Le situazioni potenzialmente pericolose sono quando si avvista un cinghiale che non ha vie di fuga o quando si incontra la mamma con i cuccioli. In questi due casi (molto più il secondo del primo), l’animale potrebbe attaccare per difendersi.

Se vediamo un cinghiale difronte a noi, quindi, proviamo a non spaventarci, all’occorrenza ci calmiamo, ci fermiamo, ci distanziamo dall’animale e cerchiamo di inquadrare la situazione: il cinghiale è da solo? E’ una mamma con i cuccioli? Ma soprattutto cerchiamo di capire se esiste una via di fuga per l’animale: se siamo lungo un sentiero, molto probabilmente il cinghiale si allontanerà da solo.

Situazione diversa se incontriamo il cinghiale in un ambiente particolare, come ad esempio un canalone, perché in questo caso l’animale potrebbe sentirsi in pericolo. Fermo restando che valgono le regole di prima, ovvero non corriamo, non urliamo ma cerchiamo di mantenere la calma, in questo caso è opportuno verificare se ci sono luoghi in cui possiamo ripararci, come ad esempio un albero su cui salire o un muretto non troppo alto (almeno un metro), e dare al cinghiale una via di fuga. A questo punto, messi al riparo, abbiamo buone possibilità che il cinghiale si allontani lungo la via che occupavamo.

E se c’è il mio cane? Questa è un’altra situazione potenzialmente pericolosa perché il cane può essere visto come un minaccia, anche in virtù del fatto che ricorda il predatore più pericoloso per un cinghiale: il lupo.

Primo consiglio, forse anche questo scontato, è di tenere il cane al guinzaglio. L’incontro tra un cane e un cinghiale raramente si risolve a favore del cane e quindi lasciarli scontrare vorrebbe dire mettere a repentaglio la vita del vostro amico a quattro zampe.

Secondo consiglio è quello di insegnare al cane ad interagire con gli altri animali senza ringhiare o abbaiare. Insegnare al cane a rispondere ai vostri comandi, vuol dire che in presenza di un incontro con il cinghiale potrà rimanere calmo come voi!

 

Testo e foto Fabrizio Borgognoni

 

 

Aiuto! Ho incontrato un cinghiale Leggi tutto »

La segnaletica sui sentieri

Li incrociamo spesso sui sentieri e sono indispensabili durante un’escursione: è la segnaletica CAI, ovvero la simbologia che ci permette di orientarci durante le nostre attività all’ aria aperta.

La segnaletica può essere verticale (che si trova su appositi sostegni) o orizzontale (posizionata al suolo, su sassi o tronchi d’albero). La segnaletica è definita da una simbologia precisa:

  1. TABELLONE o pannello d’insieme: pannello di grande formato che generalmente si trova all’imbocco del percorso e che racchiude l’elenco degli itinerari escursionistici accessibili dal luogo, numero dei sentieri, tempi di percorrenza ma anche note descrittive di carattere ambientale e storico riguardanti il territorio unitamente ai collegamenti stradali e infrastrutture esistenti.
  2. Tabella SEGNAVIA: generalmente la troviamo di colore bianco con punta rossa e coda bianco rossa. Si usa per indicare la direzione della località di destinazione del sentiero e il tempo indicativo necessario ad un medio escursionista per raggiungerla. Il tempo di percorrenza viene calcolato sui 250-300 metri di dislivello/ora mentre il  tempo in discesa si considera in genere i 2/3 di quello di salita. I tempi segnati non prevedono soste, ma ricordiamoci sempre che sono valori indicativi.
  3. Tabella LOCALITA‘: la troviamo agli incroci più significativi (e queste località hanno  riscontro sulla cartografia).  E’ di colore bianco o tinta legno ed indica il nome della località dove ci troviamo e  la relativa quota.
  4. Tabella SENTIERO PER  ESCURSIONISTI  ESPERTI: si trova all’inizio di un sentiero con caratteristiche alpinistiche (esposto, parzialmente attrezzato oppure impegnativo per lunghezza e sviluppato  in ambiente selvaggio).
  5. Tabella SENTIERO TEMATICO: si trova nei punti significativi di un itinerario che propone un percorso a tema (storico, naturale, geologico). E’ di colore bianco o tinta legno.
  6. SEGNAVIA BIANCO ROSSO: il simbolo più conosciuto, che ci indica la continuità del sentiero. E’ posto nelle immediate vicinanze dei bivi e ogni 2-300 metri se il sentiero è evidente, altrimenti a distanza più ravvicinata.
  7. SEGNAVIA CON  NUMERO: altro simbolo conosciutissimo, che ci indica il numero del sentiero. Lo troviamo all’inizio del sentiero  e/o in prossimità di bivi per confermare la continuità dell’itinerario.
  8. SEGNALE DI  SORGENTE: viene usata quando la presenza dell’acqua non è visibile dal sentiero. La freccia è rivolta nella direzione in cui si trova l’acqua e riporta l’indicazione della distanza (in metri) o il tempo per raggiungere la sorgente o la fonte.
  9. OMETTO DI  PIETRA: un sistema di segnaletica naturale e duraturo. Possono essere alti dai 20 ai 50 cm: l’ometto è visibile anche in condizioni difficili (ad esempio un’improvvisa nevicata sui sentieri in alta montagna).
  10. PICCHETTO  SEGNAVIA: lo troviamo lungo sentieri che attraversano pascoli o prati privi di elementi di riferimento sui quali sistemare i segnavia. E’ un picchetto verniciato a tutto tondo nella parte superiore con il segnavia bianco rosso oppure a bandiera.
  11. Tabella per  VIA  FERRATA: è in metallo, fondo rosso con scritte bianco. Si trova all’inizio di un sentiero attrezzato impegnativo  o via ferrata per invitare ad usare correttamente le attrezzature fisse.

  Il CAI iniziò a segnare i sentieri intorno al 1880-1890, ovvero quando andare a piedi non è solo  più una necessità ma diventa un modo per impiegare il tempo libero. Negli ultimi decenni dell’Ottocento, quindi, su iniziativa di singole persone (ma generalmente iscritti al CAI) si iniziò a segnare i sentieri, prevalentemente con pennellate di colore rosso apposte in modo saltuario.

Sempre a fine Ottocento, si costituì in Lombardia la Federazione Prealpina organizzata specificatamente per le segnalazioni in montagna: gli escursionisti iniziavano a manifestare l’ intenzione di andare in montagna seguendo percorsi segnati. Il sistema di segnalazione prevedeva un sistema di 23 simboli, in prevalenza geometrici, che venivano apposti con vernice rossa grazie al lavoro dei membri di  una Commissione chiamata “Consorzio per le segnalazioni in montagna” che cessò di operare allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Nel 1923 si costituì a Torino la CAEN (Confederazione Alpinistica Escursionistica Nazionale) che raccoglieva l’eredità della Federazione Prealpina e che nel 1927 divenne FIE (Federazione Italiana Escursionistica). Terminata la Seconda Guerra Mondiale ed avviata la ricostruzione post bellica, nel 1950 a Maresca (PT) si riunirono le sezioni dell’Emilia Romagna e della Toscana decidendo una normativa intersezionale per una segnaletica unica che si basava su una bandierina rossa/bianca/rossa con in centro un numero scritto in nero su fondo bianco che indicava l’itinerario. Che sono tutt’ora i segni distintivi che troviamo sui sentieri.

La segnaletica sui sentieri Leggi tutto »

Camminare con il caldo?? Si puo’!

Camminare in primavera o in autunno, con temperature gradevoli e senza il freddo (quando c’è) dell’ inverno è senz’altro facile…ma vuoi mettere le escursioni d’estate? Giornate lunghe da vivere all’aria aperta, possibilità di escursioni su lunghezze importanti viste le molte ore di luce e … caldo,caldo,caldo! Anche durante l’estate possiamo comunque godere del piacere di fare escursionismo, basta tenere a mente le regole d’oro per camminare con il caldo.

Il mattino ha il fresco in bocca! Può sembrare scontato e anche banale, ma alzarsi presto la mattina fa la differenza; infatti in questo modo potremmo evitare di fare le salite durante le ore più calde. In estate solitamente le temperature massime si raggiungono tra le 11.30 e le 14.00: partendo presto al mattino, potremmo arrivare in questo intervallo già all’ombra di un albero a fare la pausa pranzo o, in caso di escursioni brevi, essere sulla via del ritorno.

Previsioni meteo. Altro consiglio che può sembrare scontato, ma le previsioni meteo non si consultano solo per sapere se pioverà oppure no, ma anche per sapere quali saranno le temperature massime durante la giornata. Se le temperature dovessero essere troppo alte, meglio rinunciare.

L’itinerario. Direttamente collegato al consiglio precedente, studiando attentamente il percorso che si è deciso di fare è possibile evitare il caldo. Come? Si può scegliere l’itinerario tenendo conto dell’ esposizione: pendii esposti ad ovest per il mattino e pendii esposti ad est per le ore serali.

Acqua, acqua, acqua! Durante una giornata di cammino, tra sudorazione e frequenza cardiaca accelerata, si possono perdere fino a due litri di liquidi l’ora. Quindi è fondamentale integrare liquidi e sali minerali, questo perché l’acqua nel nostro organismo mantiene costante la temperatura corporea; se la percentuale di acqua inizia a scendere, l’organismo inizia ad assorbire liquidi dal sangue, rendendolo più denso, circostanza critica per l’ossigenatura di organi e muscolatura. Quindi bisogna bere tanto, poco per volta ma ad intervalli regolari, anche quando non abbiamo sete. Bisogna cercare di reintegrare anche i sali minerali persi con la sudorazione: si possono usare integratori di potassio (per i muscoli) e magnesio (per il sistema nervoso), da sciogliere in acqua.

Il sintomo più comune della disidrazione è la sete, ma attenzione che il livello di sete non è proporzionale al livello di disidratazione. Bocca asciutta, crampi, senso diffuso di stanchezza sono invece indicatori di uno stato di disidratazione importante: se si avvertono questi sintomi, occorre fermarsi, bere acqua (o ancora meglio integratori salini). Non sottovalutiamo questi sintomi: molti di noi li considerano “normali” e continuano a camminare arrivando poi ad avvertire vertigini, mal di testa. Questi sono i sintomi di una disidratazione piuttosto avanzata, bisogna fermarsi per riposare e bere integratori di sali minerali.

Un modo per valutare se siamo abbastanza idratati è osservare le nostre urine: se il colore è chiaro o trasparente significa che siamo ben idratati, se il colore è scuro vuol dire che siamo disidratati e bisogna correre ai ripari!

Abbigliamento? Si ma traspirante! La parola chiave per l’abbigliamento per escursioni al caldo è traspirante, perché dobbiamo cercare di tenere il sudore distante dalla pelle disperdendolo verso l’esterno. Quindi evitiamo magliette di cotone, ma cerchiamo capi in tessuto traspirante, meglio se tecnici.

E in testa? Stra consigliato un bel cappellino, e se il caldo diventa insopportabile, si può bagnare il cappello con acqua fresca per avere un effetto rigenerante. Indispensabili anche un buon paio di occhiali da sole e una crema solare.

Quale crema solare? Ricordiamoci che più si sale di quota più siamo soggetti ai raggi solari di tipo UVA, quelli più pericolosi per la nostra pelle. Quindi è importante trattare la pelle esposta al sole con creme solari ad alta protezione, da applicare più volte durante la camminata: questo perché con sudorazione abbondante la crema protettiva viene eliminata più rapidamente. Ricordiamoci anche che gli strati dell’ atmosfera sopra di noi sono più sottili ed esercitano quindi minor azione di filtro dalle radiazioni dannose: la sensibilità all’azione delle radiazioni solari è più o meno elevata a seconda del nostro fototipo (colore della pelle, degli occhi, dei capelli, presenza di lentiggini, etc).

Le creme in commercio riportano sull’etichetta un numero che indica il fattore di protezione, cioè il fattore di capacità di filtrare i raggi UVB che causano l’arrossamento. Ad esempio: se una pelle chiara comincia a manifestare l’eritema solare già dopo 10 minuti dall’ esposizione, la stessa pelle protetta con una crema solare con fattore 15, dovrebbe mostrare gli stessi sintomi dopo 150 minuti. Per fattori di protezione compresi da 6 e 10 si parla di protezione bassa, fra 15 e 25 di protezione media, fra 30 e 50 di protezione alta e per i solari con fattore 50+ di protezione molto alta.

Le nuvole non valgono! Le nuvole, soprattutto in quota, non hanno un particolare effetto filtrante quindi è consigliato applicare la crema anche quando il cielo è coperto.

Colpo di sole o colpo di calore? Se ignoriamo i consigli sopra, potremmo avere  a che fare con un colpo di sole, un colpo di calore o peggio un collasso da calore.

Il colpo di calore è causato da un improvviso aumento della temperatura corporea: la pelle diventa calda e disidratata, e la sudorazione si arresta. Generalmente è preceduto da mal di testa, vertigini, stanchezza. Se ci si trova lontano da strutture ospedaliere, si deve cercare di raffreddare il soggetto: togliere i vestiti e avvolgerlo il corpo in asciugamani imbevuti di acqua fresca. Applicare qualcosa di fresco (non direttamente sulla pelle) sulla nuca, sul torso, sui polsi. Risulta utile anche la posizione antishock, con la testa più in basso delle gambe.

Il colpo di sole è provocato dall’azione diretta dei raggi solari, anche in presenza di una temperatura ambientale non particolarmente alta. I sintomi sono simili a quelli del colpo di calore.

Il collasso da calore si manifesta generalmente con un aumento della sudorazione, ansia, debolezza, stanchezza, mentre la temperatura corporea rimane al di sotto della norma. Se colpiti da collasso di calore, consigliato mettere il soggetto in posizione orizzontale o antishock. Somministrare piccole quantità di liquidi freddi e cercare di raggiungere il più rapidamente possibile un Pronto Soccorso.

Camminare con il caldo?? Si puo’! Leggi tutto »

Attenti alle zecche!

Forse è capitato anche a voi ( a me di sicuro): camminando zaino in spalla, si arriva a casa e si trova l’ospite inatteso e anche sgradito: la zecca.

La zecca, appartenente all’ordine degli Aracnidi, è un parassita dell’uomo e degli animali domestici; ha il corpo piatto, più o meno ovale, che ha la capacità di espandersi per contenere il sangue succhiato dal corpo dell’animale che lo ospita. Le dimensioni di una zecca variano da 1 mm a 1 cm; hanno 8 zampe ( le larve ne hanno 6). L’ambiente in cui possiamo trovare una zecca è in montagna come in collina o in pianura: generalmente sull’erba o sugli arbusti, dove aspetta il passaggio di una vittima, che riconosce grazie all’ emissione di anidride carbonica e al calore del corpo. La troviamo soprattutto nei boschi, in ambienti umidi e freschi, fino a 1800 metri di quota. Possiamo trovare la zecca dalla primavera all’ autunno, ma a causa degli inverni sempre più miti è possibile trovare il parassita anche in altre stagioni.

Visto che la zecca non salta e non vola ma soprattutto il suo morso non è doloroso, spesso non ci accorgiamo della sua presenza. Con pochi accorgimenti possiamo però proteggerci dalle zecche:

Il primo suggerimento può sembrare scontato, ma non lo è: quando si va in montagna, a fare un’escursione o una passeggiata, bisogna avere un abbigliamento adeguato che lasci poca pelle scoperta. Sì quindi a scarpe chiuse, pantaloni lunghi, indumenti stretti su polsi e caviglie. Indicati sono anche gli indumenti di colore chiaro, perchè così è più facile individuare la zecca.

Molto utile è applicare repellenti sulla pelle scoperta ma anche sui vestiti, anche se ci sono diverse “scuole di pensiero”: chi consiglia di usare il repellente perchè utile e chi ritiene la scarsa efficacia poiché il repellente tende a scivolare via con il sudore ed ha una durata limitata. Per dovere di cronaca, segnalo che esistono anche dei dispositivi antizecca ad ultrasuoni che dovrebbero tenere lontano il parassita: l’efficacia (e la praticità) è però tutta da dimostrare.

Un altro suggerimento che potrebbe sembrare altrettanto scontato è quello di non camminare (o peggio sostare) dove c’è vegetazione folta, prati con erba alta e simili.

E se, nonostante tutto, arrivati a casa ci accorgiamo di avere una zecca? Si legge un po’ ovunque che la zecca va rimossa da personale esperto: sicuramente vero, ma per me Guida GAE, vorrebbe dire fermarmi spesso in Pronto Soccorso, quindi meglio imparare ad estrarre la zecca da solo! La zecca va TASSATIVAMENTE tolta tutta, per evitare che parti della stessa restino dentro la ferita causata dal morso: i residui portano ad un alto rischio di infezione.

Per togliere la zecca si usa una pinzetta sterilizzata o uno stumento di plastica a forma di uncino (che consiglio di tenere sempre nel kit di pronto soccorso che teniamo nello zaino). Bisogna afferrare il corpo della zecca con la pinzetta senza schiacciarla e tirare delicatamente con un movimento rotatorio in senso antiorario e contemporaneamente verso l’alto . Una volta estratta, la zecca va distrutta. Bisogna disinfettare bene l’area del morso; l’area del morso va tenuta controllata per alcuni giorni: se la pelle si arrossa e compare febbre e mal di testa bisogna rivolgersi al medico.

E per finire, tre cose ASSOLUTAMENTE DA NON FARE:

Non provare a strappare la zecca con le dita;

Non applicare sostanze irritanti sulla zecca, come ad esempio alcool o olio o ammoniaca: questo per evitare che la zecca, rigurgitando il sangue, crei un’infezione;

Non schiacciare la zecca mentre è ancora attaccata;

Attenti alle zecche! Leggi tutto »

A proposito di…bastoncini da trekking

Per mio nonno, montanaro DOC, era impensabile andare per boschi o sentieri senza un bastone; noi, escursionisti moderni, andiamo ancora per sentieri ma siamo passati dal bastone di legno del nonno ai bastoncini da trekking.

I bastoncini da trekking sono generalmente in alluminio o carbonio con impugnatura ergonomica e puntale disponibili in 1,2 o 3 sezioni: quelli mono sezione sono più rigidi e leggeri ma la lunghezza non può essere regolata mentre i bastoncini in 2 o 3 sezioni sono quelli in cui la lunghezza può essere regolata. Esistono anche bastoncini pieghevoli a Z (3 parti). Il sistema di regolazione dei bastoncini  può essere di due tipi: a vite (generalmente presenti sui bastoncini da principianti o di livello intermedio) o a leva (più facili da maneggiare).

L’impugnatura può essere in plastica o gomma (utilizzate generalmente sui bastoncini per principianti ed indicata per l’inverno); per chi ha già esperienza sui sentieri potrà scegliere tra impugnature a schiuma (confortevole, ergonomica, presa migliore) o in sughero (la pelle traspira durante l’uso e danno una buona sensazione al tatto). I cinturini, se usati correttamente, sono utilissimi. Possono essere classici (cinturino regolabile), avanzati (in genere con rivestimento in schiuma di diverse larghezze e spessore) o a rilascio (o a clip, che permettono di sfilare rapidamente i bastoncini senza dover sfilare le mani dal cinturino). All’estremità del bastoncino troviamo le rondelle, che (per chi le usa) vengono messe appena sopra al puntale per evitare che il bastoncino affondi in terreni fangosi; esistono di varie dimensioni, che si adattano ai diversi tipi di terreno. Più usate d’inverno, durante le ciaspolate, per evitare che il bastoncino affondi nella neve. E, al termine del bastoncino, troviamo il puntale: se la punta è stretta si adatta maggiormente ai terreni duri, mentre la punta larga viene utilizzata su terreni morbidi. Esistono anche gommini in plastica da infilare sul puntale, per poter utilizzare i bastoncini su strade asfaltate.

E adesso, tre motivi per consigliare di usare i bastoncini:

Primo: si migliora l’equilibrio. Avere quattro punti d’appoggio è sicuramente meglio che averne due, soprattutto in presenza di un terreno scivoloso coperto da foglie, un guado da superare, un percorso dove ancora c’è neve.

Secondo: il peso si distribuisce meglio. Scaricando parte del peso del corpo e dello zaino sulle braccia e non tutto su ginocchia ed articolazioni, il carico su gambe e spina dorsale diminuisce. Ridurremo la fatica e anche camminare sarà più confortevole.

Terzo: si migliora la respirazione. Il movimento delle braccia,impone una postura decisamente più eretta, quindi si apre maggiormente la cassa toracica.

E per finire qualche consiglio utile:

  • Per mantenere un buon bilanciamento del peso, è necessario coordinare “gamba destra e bastone sinistro”, “gamba sinistra e bastone destro”.
  • Per regolare l’altezza del bastoncino, basta verificare che impugnando il bastoncino, l’angolo tra il braccio e l’avambraccio sia di 90°.
  • Ricordiamoci che in discesa è consigliabile aumentare leggermente l’altezza e diminuirla in salita.
  • In caso di terreni scivolosi, consigliamo di impugnare i bastoncini senza infilare le mani nei laccetti. In questo caso, se il bastone resta impigliato o in caso di scivolata, non resteremo legati al bastoncino e basterà aprire la mano per lasciarlo andare e gestire l’eventuale scivolata.

E per acquistare i bastoncini senza sbagliare, a Vignola trovi Mondo Montagna, partner tecnico de La Viottola che con competenza saprà guidarti in ogni acquisto (anche on-line su www.mondomontagna.net)

A proposito di…bastoncini da trekking Leggi tutto »